Le poesie della Grande Guerra - ANA Gruppo Alpini di Novara

IL CUORE PER AMARE E LE BRACCIA PER LAVORARE
GLI ALPINI ARRIVANO A PIEDI LA DOVE GIUNGE SOLTANTO LA FEDE ALATA
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Le poesie al tempo di guerra

 
Non sei che una croce
 
 
Non sei che una croce
 
Nessuno forse sa più
 
perché sei sepolto lassù
 
nel camposanto sperduto
 
sull'Alpe, soldato caduto.
 
Nessuno sa più chi tu sia
 
soldato di fanteria
 
coperto di erbe e di terra,
 
vestito del saio di guerra.
 
l'elmetto sulle ventitré
 
nessuno ricorda perché
 
posata la vanga e il badile
 
portando a tracolla il fucile
 
salivi sull'Alpe, salivi
 
cantavi e di piombo morivi
 
ed altri morivano con te
 
ed ora sei tutto di Dio.
 
Il sole, la pioggia, l'oblio
 
t'han tolto anche il nome d'un fronte
 
non sei che una croce sul monte
 
che dura nei turbini e tace
 
custode di gloria e di pace.
 
 
Renzo Pezzani
 
 
 
Questa notte
 
 
Questa notte fra Redipuglia
 
e Oslavia, si riaccenderanno i fuochi
 
sopra le alture dove tante volte la battaglia
 
si spense nel sangue e sarà un fluttuare
 
di ombre intorno ai bivacchi
 
perché all'estremità dell'oblio
 
hanno freddo anche i morti.
 
 
Carlo Delcroix
 
 
 
Il tempo
 
 
Se il tempo diventa sereno
 
il 10 faremo l'azione
 
se il tempo diventa sereno.
 
Ed i soldati scrutarono
 
le stelle e il firmamento,
 
pesarono respirando
 
il fremito del vento.
 
Ma il 9 si vide splendere
 
un cerchio intorno alla luna
 
la luna era velata
 
d'un velo nebuloso.
 
I soldati e gli ufficiali
 
che stavano da 30 giorni
 
in attesa dell'azione
 
si guardarono l'un l'altro
 
si sarebbero baciati.
 
All'alba del 10 pioveva.
 
 
Giulio Barni
 
 
 
Sono una creatura
 
 
Come questa pietra
 
del S. Michele
 
così fredda, così dura
 
così prosciugata. così refrattaria
 
così totalmente disanimata.
 
Come questa pietra
 
è il mio pianto che non si vede.
 
La morte si sconta vivendo
 
 
Giuseppe Ungaretti
 
 
 
San Martino del Carso
 
 
Di queste case
 
non è rimasto che qualche
 
brandello di muro.
 
Di tanti
 
che mi corrispondevano
 
non è rimasto neppure tanto.
 
Ma nel cuore
 
nessuna croce manca.
 
E' il mio cuore
 
il paese più straziato
 
 
Giuseppe Ungaretti
 
 
Fratelli
 
 
Di che reggimento siete, fratelli?
 
Parola tremante nella notte
 
foglia appena nata.
 
Nell'aria spasimante
 
involontaria rivolta
 
dell'uomo presente alla sua fragilità.
 
Fratelli
 
 
Giuseppe Ungaretti
 
 
 
Veglia - Cima 4 - 23 dicembre 1915
 
 
Un'intera nottata
 
buttato vicino
 
ad un compagno
 
massacrato
 
con la bocca
 
digrignata
 
volta al plenilunio
 
con la congestione
 
delle sue mani
 
penetrata nel mio silenzio
 
ho scritto
 
lettere piene d'amore.
 
Non sono mai stato
 
tanto attaccato alla vita
 
 
Giuseppe Ungaretti
 
 
 
Pasubio
 
 
Morto. Lacerato. Smembrato.
 
Mamma,cosa ne dici? Il figlio ti hanno preso!
 
Tu non lo vedrai mai più. Neppure il suo cadavere.
 
Forse oggi riceverai una lettera:
 
"Sono sano, sto bene".
 
Poter piangere, gridare, urlare!
 
Più non posso mandare giù tutto ciò, non ci riesco più!
 
Più non posso stare qui seduto tranquillo!
 
Tutto finisce. Tutto ha un limite.
 
Lanciarsi con la testa contro questa roccia,
 
fino a stramazzare al suolo, fino a perdere conoscenza.
 
 
Robert Skorpil
 
 
 
Soldati
 
 
Si sta
 
come d'autunno
 
sugli alberi
 
le foglie.
 
 
Giuseppe Ungaretti
 
 
Dulce et Decorum est
 
 
Piegati in due, come vecchi straccioni, sacco in spalla,
 
le ginocchia ricurve, tossendo come megere, imprecavamo nel fango,
 
finché volgemmo le spalle all'ossessivo bagliore delle esplosioni
 
e verso il nostro lontano riposo cominciammo ad arrancare.
 
Gli uomini marciavano addormentati. Molti, persi gli stivali,
 
procedevano claudicanti, calzati di sangue. Tutti finirono
 
azzoppati; tutti orbi; ubriachi di stanchezza;
 
sordi persino al sibilo di stanche granate che cadevano lontane indietro.
 
Il GAS! IL GAS! Svelti ragazzi! Come in estasi appena spararono,
 
infilandosi appena in tempo i goffi elmetti;
 
ma ci fu uno che continuava a gridare e a inciampare
 
dimenandosi come in mezzo alle fiamme o alla calce...
 
Confusamente, attraverso l'oblò di vetro appannato e la densa luce verdastra
 
come in un mare verde, lo vidi annegare.
 
In tutti i miei sogni, davanti ai miei occhi smarriti,
 
si tuffa verso di me, cola giù, soffoca, annega.
 
Se in qualche orribile sogno anche tu potessi metterti al passo
 
dietro il furgone in cui lo scaraventammo,
 
e guardare i bianchi occhi contorcersi sul suo volto,
 
il suo volto a penzoloni, come un demonio sazio di peccato;
 
se solo potessi sentire il sangue, ad ogni sobbalzo,
 
fuoriuscire gorgogliante dai polmoni guasti di bava,
 
osceni come il cancro, amari come il rigurgito
 
di disgustose, incurabili piaghe su lingue innocenti,
 
amico mio, non ripeteresti con tanto compiaciuto fervore
 
a fanciulli ansiosi di farsi raccontare gesta disperate,
 
la  vecchia Menzogna
: Dulce et decorum est
 
Pro patria mori.
 
 
Wilfred Owen
 
 
 
Viatico
 
 
O ferito giù nel valloncello,
 
tanto invocasti
 
se tre compagni interi
 
cadder per te che quasi più non eri,
 
tra melma e sangue
 
tronco senza gambe
 
e il tuo lamento ancora,
 
pietà di noi rimasti
 
a rantolarci e non ha fine l'ora,
 
affretta l'agonia,
 
tu puoi finire
 
e conforto ti sia
 
nella demenza che non sa impazzire,
 
mentre sosta il momento,
 
il sonno sul cervello,
 
lasciaci in silenzio
 
Grazie, fratello.
 
 
Clemente Rebora 1916
 
 
 
Ponte de Priula
 
 
 
Ponte de Priula
 
l'è un Piave streto.
 
I ferma chi che vien
 
da Caporeto.
 
Ponte de Priula
 
l'è un Piave streto
 
I copa chi che.
 
no gà 'l moscheto.
 
Ponte de Priula
 
l' è un Piave nero.
 
Tuta la grava
 
l' è un simitero.
 
Ponte de Priula
 
l'è un Piave amaro.
 
I fusilai
 
butai in un maro.
 
Ponte de Priula
 
l'è un Piave mosso.
 
El sangue italian
 
l'ha fato rosso.
 
Ponte de Priula
 
Sora le porte.
 
I tac 'l cartel
 
co su la morte.
 
 
poesia di anonimo trovata
 
al Museo della Grande Guerra di Rovereto (questo testo è anche considerato come canto della GG)
 
 
 
Italia
 
 
Sono un poeta
 
un grido unanime
 
sono un grumo di sogni
 
Sono un frutto
 
d'innumerevoli contrasti d'innesti
 
maturato in una serra
 
Ma il tuo popolo è portato
 
dalla stessa terra
 
che mi porta
 
Italia
 
E in questa uniforme
 
di tuo soldato
 
mi riposo
 
come fosse la culla
 
di mio padre
 
 
Giuseppe Ungaretti
 
 
 
Principio di Novembre
 
 
Oggi l'aria è chiara e fine
 
e i monti son cupi e tersi,
 
poveri anni persi
 
in fantasie senza confine.
 
Qui ogni pietra ha un contorno
 
ogni fibra un colore,
 
i rami tendono intorno
 
una rigidità senza languore.
 
Foglie gialle cadute
 
per troppa secchezza,
 
segnano l'asprezza
 
di grandi arie mute.
 
Il cielo è azzurro di profondità
 
le cose son ferme e recise.
 
Passò un respiro d'eternità
 
in queste solitudini derise.
 
 
Carlo Stuparich
 
 
 
Canzonetta
 
 
I soldati vanno alla guerra.
 
Vanno come trasognati,
 
e la notte li rinserra.
 
La strada cammina, cammina
 
come una misteriosa pellegrina,
 
e sulle case addormentate
 
tutte le stelle si sono affacciate.
 
Ma i soldati sono quasi fanciulli,
 
e si mettono a cantare
 
la ninna nanna, per cullare
 
una tristezza che non si vuole addormentare.
 
Le stelle
 
sono come gocce d'argento
 
e le fa tremare il vento!
 
E mentre dormono tutte le belle
 
noi ce ne andiamo per la bianca strada
 
a ritrovare un'altra fidanzata!
 
Ed anche voi, dolcezza, dormite......
 
e del mio bene nulla sapete!
 
Volevo parlare, una sera.........
 
ma ogni detto fuggì dal mio cuore
 
come dalla gabbia una capinera!
 
E voi, bambini, fate la nanna
 
e non fate disperare la mamma.
 
Dormite
 
col guanciale bianco sotto la testa,
 
e intanto viaggia la tempesta!
 
O fratello ! Prima di partire
 
tante cose ti volevo dire.....
 
Ma come foglie portate dal vento
 
sono fuggite , e non me ne rammento!
 
O mamma, voi sola non dormite,
 
come una volta, quand'ero malato!
 
E voi sola m'avete vegliato,
 
e non mi potevo addormentare
 
se voi non eravate al capezzale.
 
Ma ero un fanciullo!
 
Ora , mamma, state contenta!
 
Sentite? il figlio vostro canta!
 
Canta e cammina per la bianca strada
 
per ritrovare la sua fidanzata.-
 
(ma le mamme non possono dormire,
 
e quella canzone le fa singhiozzare).
 
Sulle case addormentate
 
tutte le stelle sono tramontate.
 
I soldati vanno a testa china
 
e la strada cammina cammina.
 
 
Ugo Betti
 
 
 
Vanità
 
 
D'improvviso
 
è alto
 
sulle macerie
 
il limpido
 
stupore
 
dell'immensità.
 
L'uomo
 
s'è curvato
 
sull'acqua
 
sorpresa
 
dal sole
 
e si rinviene
 
un'ombra
 
cullata
 
e piano franta
 
in riflessi insenati
 
tremanti
 
di cielo.
 
 
Giuseppe Ungaretti
 
 
 
A un compagno
 
 
Se dovrai scrivere alla mia casa,
 
Dio salvi mia madre e mio padre,
 
la tua lettera sarà creduta
 
mia e sarà benvenuta.
 
Così la morte entrerà
 
e il fratellino la festeggerà.
 
Non dire alla povera mamma
 
che io sia morto solo.
 
Dille che il suo figliolo
 
più grande, è morto con tanta
 
carne cristiana intorno.
 
Se dovrai scrivere alla mia casa,
 
Dio salvi mia madre e mio padre,
 
non vorranno sapere
 
se sono morto da forte.
 
Vorranno sapere se la morte
 
sia scesa improvvisamente.
 
Dì loro che la mia fronte
 
è stata bruciata là dove
 
mi baciavano, e che fu lieve
 
il colpo, che mi parve fosse
 
il bacio di tutte le sere.
 
Dì loro che avevo goduto
 
tanto prima di partire,
 
che non c'era segreto sconosciuto
 
che mi restasse a scoprire;
 
che avevo bevuto, bevuto
 
tanta acqua limpida, tanta,
 
e che avevo mangiato con letizia,
 
che andavo incontro al mio fato
 
quasi a cogliere una primizia
 
per addolcire il palato.
 
Dì loro che c'era gran sole
 
pel campo, e tanto grano
 
che mi pareva il mio piano;
 
che c'era tante cicale
 
che cantavano; e a mezzo giorno
 
pareva che noi stessimo a falciare,
 
con gioia, gli uomini intorno.
 
Dì loro che dopo la morte
 
è passato un gran carro
 
tutto quanto per me;
 
che un uomo, alzando il mio forte
 
petto, avea detto: Non c'è
 
uomo più bello preso dalla morte.
 
Che mi seppellirono con tanta
 
tanta carne di madri in compagnia
 
sotto un bosco d'ulivi
 
che non intristiscono mai;
 
che c'è vicina una via
 
ove passano i vivi
 
cantando con allegria.
 
Se dovrai scrivere alla mia casa,
 
Dio salvi mia madre e mio padre,
 
la tua lettera sarà creduta
 
mia e sarà benvenuta.
 
Così la morte entrerà
 
e il fratellino la festeggierà.
 
 
Corrado Alvaro
 
 
 
Prima marcia alpina
 
 
Uno per uno
 
bastone alla mano
 
e alla salita cantiamo
 
se chiedi le reni rotte alla mina
 
se chiedi il posto della gravina
 
se chiedi il ginocchio piegato a salire
 
se chiedi l'amore pronto a patire:
 
son io l'alpino, rispondiamo
 
e all'adunata corriamo.
 
Ma la montagna, alpino, è franata
 
ma la tua tenda, alpino, è sparita;
 
alpino, tutta l'acqua è seccata
 
alpino, il vetrato gela le dita;
 
ma la tua penna è folgorata
 
ma la gran notte di nebbia è salita.
 
Uno per uno
 
corda alla mano
 
dove non si passa passiamo.
 
E la balma di roccia ci ricoprirà
 
e l'acqua di neve ci disseterà;
 
la penna il fulmine domesticherà
 
la nebbia il sole l'avvamperà
 
quando l'alpino passerà.
 
Uno per uno
 
zaino alla mano
 
e nei riposi ci contiamo.
 
Alpino, tu sei passato
 
ma il compagno che manca è ferito
 
la mitraglia l'ha arrivato
 
dalla croda l'ha distaccato
 
nella gola l'ha tranghiottito.
 
Dove sei, compagno caro,
 
al paese dovevi tornare;
 
se qualcuno lo potrà rivedere
 
gliene chiederà la tua mare.
 
Ma non sei stato abbandonato
 
ma ti veniamo a ritrovare.
 
Sei il nostro ferito
 
ti riprendiamo
 
al paese ti riportiamo.
 
Tutti per uno,
 
mano alla mano
 
dove si muore discendiamo.
 
Tutti per uno,
 
mano alla mano
 
dove si muore discendiamo.
 
Ma il tuo compagno, alpino, è spirato
 
al paese non può tornare;
 
ma il suo lamento è dileguato
 
non ti chiama più a ritrovare.
 
Sulla coltrice del nevato
 
resterà solo a riposare.
 
Dove sei, compagno caro,
 
se al paese non puoi tornare
 
ma non sei stato abbandonato
 
ma ti veniamo a ritrovare.
 
Il viso bianco gli rasciughiamo
 
il corpo stronco gli ricomponiamo.
 
E' il nostro morto
 
ce lo riprendiamo
 
alla patria lo riportiamo.
 
Uno per uno
 
fucile alla mano
 
e lo vendichiamo.
 
Marzo, sopracroda.
 
Ai miei soldati dell'Alpago
 
e a ogni alpino.
 
 
Piero Jahier
 
 
 
Dichiarazione
 
 
Altri morirà per la Storia d'Italia volentieri
 
e forse qualcuno per risolvere in qualche modo la vita.
 
Ma io per far compagnia a questo popolo digiuno
 
che non sa perché va a morire
 
popolo che muore in guerra perché"mi vuol bene"
 
"per me" nei suoi sessanta uomini comandati
 
siccome è il giorno che tocca morire.
 
Altri morirà per le medaglie e per le ovazioni
 
ma io per questo popolo illetterato
 
che non prepara guerra perché di miseria ha campato
 
la miseria che non fa guerre, ma semmai rivoluzioni.
 
Altri morirà per la sua vita
 
ma io per questo popolo che fa i suoi figlioli
 
perché sotto coperte non si conosce miseria
 
popolo che accende il suo fuoco solo a mattina
 
popolo che di osteria fa scuola
 
popolo non guidato, sublime materia.
 
Altri morirà solo, ma io sempre accompagnato:
 
eccomi, come davo alla ruota la mia spalla facchina
 
e ora, invece, la vita.
 
Sotto ragazzi,
 
se non si muore
 
si riposerà allo spedale.
 
Ma se si dovesse morire
 
basterà un giorno di sole
 
e tutta Italia ricomincerà a cantare.
 
 
Pietro Jahier
 
 
 
Sul Monte San Marco
 
 
Quello ch'ieri dormiva
 
nella trincea presso a me,
 
nello stesso cubicolo, fratellino di culla:
 
non risponde,- ho chiamato!-
 
non risponde più;
 
non gli giunge il grido del mio cuore.....O, tu compagno,
 
mi cerchi mi preghi, anche tu,
 
mi chiami......,
 
io non sento
 
non rispondo più!
 
 
Vann' Anto'
 
 
 
Voce di vedetta morta
 
 
C'è un corpo in poltiglia
 
con crespe di faccia , affiorante
 
sul lezzo dell'aria sbranata.
 
Frode la terra.
 
Forsennato non piango:
 
Affar di chi può e del fango.
 
Però se ritorni
 
tu uomo, di guerra
 
a chi ignora non dire;
 
non dire la cosa, ove l'uomo
 
e la vita s'intendono ancora.
 
Ma afferra la donna
 
una notte dopo un gorgo di baci,
 
se tornare potrai;
 
soffiale che nulla nel mondo
 
redimerà ciò ch'è perso
 
di noi, i putrefatti di qui; stringile il cuore a strozzarla:
 
e se t'ama, lo capirai nella vita
 
più tardi, o giammai.
 
 
Clemente Rebora
 
 
 
Immagini di guerra
 
 
Assisto la notte violentata
 
L'aria è crivellata
 
come una trina
 
dalle schioppettate
 
degli uomini
 
ritratti
 
nelle trincee
 
come le lumache nel loro guscio.
 
Mi pare
 
che un affannato
 
nugolo di scalpellini
 
batta il lastricato
 
di pietra di lava
 
delle mie strade
 
e io l'ascolti
 
non vedendo
 
in dormiveglia.
 
 
Giuseppe Ungaretti
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